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Imperial College di Londra: il covo di vipere si prepara a colpire ancora

Visto che una moltitudine di fessi è agevolmente caduta nella rete d’ignobili pseudo-scienziati, e si è lasciata convincere che essere “asintomatico” significhi in ogni caso contagiato e temibile untore, ecco predisposto un secondo step da porre in essere in un “terreno così fertile d’idiozia”: un declino molto rapido degli anticorpi negli asintomatici.

Prima di proseguire è bene rammentare per l’ennesima volta che i virus costituiscono la parte fondamentale del sistema immunitario. Sono sinbionti: non sono né veleni, né parassiti e nel nostro corpo ce ne sono miliardi, tipo: i plasmidi, le vescicole extracellulari, gli endosomi, gli esosomi, i lisosomi, ecc… che formano il Microbioma e il Virioma che interagiscono tra loro, ovvero la massa di batteri e di virus che popolano l'intestino, la pelle, l'apparato respiratorio e genitale e sono tutti importantissimi per la nostra salute se li manteniamo equilibrati, lontano anche da guanti, mascherine e gel disinfettanti.

Nel caso del Covid, inizialmente definito come polmonite interstiziale, poi rivelatosi coagulopatia disseminata, la dimostrazione della causa virale si basa, anche in assenza di sintomi (riecco gli asintomatici), sulla positività del test RT-CPR da tampone naso-orofaringeo, test che, come è stato spiegato fin dall'inizio di questa falsa pandemia non è attendibile e dà fino al 93% di falsi positivi. Per spiegarlo meglio agli idioti che affermano: “Sono asintomatico, ma il virus ha colpito anche me, lo ha rilevato il tampone”, un falso positivo è una persona sanissima, dichiarata malata per colpa di un test sbagliato, o volutamente condotto male in base a fraudolente disposizioni per cui il riscontro di un solo gene dei tre (E, N e RdRP) è sufficiente per essere dichiarati infetti, a parte le corse oltremisura del surnatante di cui s'è già parlato tanto.

Poi, ancora più determinante, è il fatto che il Sars-Cov-2, che ci fanno vedere continuamente in televisione, sono solo immagini di fantasia create al computer, che si basano sui coronavirus noti. Anche quelle pubblicate su riviste scientifiche, menzionate come scansionate al microscopio elettronico, non sono in grado di distinguere il suddetto coronavirus da molti altri organuli fisiologici, il ché rende tutti i parametri inattendibili. Ma c’è di più.

Al Johns Hopkins Institute (dove ci sono esperti in salute pubblica globale, malattie infettive e preparazione alle emergenze che sono stati in prima linea nella risposta internazionale al Covid-19) il professore di Farmacologia e Scienze molecolari James EK Hildreth (definito su NCBI “Eroe scientifico”) ha esordito che: «Il virus Cov-19 non esiste, si tratta di Esosomi!».

Potremmo citare anche il Dr. Andrew Kaufman, M.D. che sugli Esosomi è dello stesso parere di Hildreth, ma è talmente boicottato da cialtroni leccaculo come i noti di casa nostra (che pare vivano in un altro mondo), che per gli idioti rischierebbe d’essere inattendibile, poiché gli si imputa di: «[…] sottintendere che questa pandemia non torna. Ha definito le serrate una forma di “arresti domiciliari” e “legge marziale”, che toglie alle persone il diritto di riunirsi e il diritto alla religione. Ha affermato (erroneamente) che i vaccini sono “siringhe piene di veleno” e che le maschere hanno simultaneamente pori troppo grandi per bloccare il “virus” (qualunque cosa significhi per lui) ma abbastanza piccoli da ridurre significativamente l'apporto di ossigeno, il che non ha scientificamente senso»… cialtroni leccaculo appunto, che non meritano nemmeno un link!

Ed è anche, addentrandoci nel merito dell’articolo, la stessa virologa Wendy Barclay dell'Imperial College di Londra a spiegare che, per quanto vogliano pontificare, non sanno esattamente di cosa si tratti: «Questo nuovo coronavirus sembra comportarsi in modo abbastanza simile ai coronavirus stagionali che esistono negli esseri umani da decenni, se non centinaia di migliaia di anni. Possiamo essere “reinfettati ogni anno, o ogni due anni” da questi coronavirus stagionali a causa di un calo dell'immunità» ha spiegato a Times Radio.

Lo studio britannico, “React2”, pubblicato martedì 27 ottobre, mostrerebbe che i livelli di anticorpi diminuiscono rapidamente nelle persone che hanno contratto il Covid-19. Un declino ancora più rapido sarebbe stato osservato nelle persone asintomatiche, che potrebbe durare solo pochi mesi.

Dal 20 giugno al 28 settembre, l'Imperial College di Londra e l'Istituto Ipsos Mori hanno seguito 350.000 persone selezionate a caso in Inghilterra, per vedere se avevano anticorpi contro il Covid-19. «Durante questo periodo, la percentuale di persone che sono risultate positive agli anticorpi Covid-19 è diminuita del 26,5%, dal 6% al 4,4% della popolazione testata - spiega un comunicato stampa - che suggerisce una riduzione degli anticorpi nelle settimane o nei mesi successivi all'infezione».

«L' immunità diminuisce abbastanza rapidamente - ha detto Helen Ward, professoressa di sanità pubblica all'Imperial College. Lo studio mostrerebbe anche che «le persone che non hanno mostrato sintomi correlati al Covid-19 rischiano di perdere i loro anticorpi rilevabili più rapidamente di quelle che hanno mostrato sintomi». La proporzione di anticorpi nelle persone che sono risultate positive al virus è diminuita del 22,3% nei tre mesi, mentre questa diminuzione ha raggiunto il 64% in coloro che avevano dichiarato di non essere stati colpiti dal Covid-19.

Se tutte le fasce d'età sono colpite da questo calo dell'immunità, gli anziani sarebbero i più centrati: tra giugno e settembre, la percentuale di anticorpi, nelle persone con più di 75 anni, sarebbe diminuita del 39%, mentre sarebbe diminuita solo del 14,9% per i 18-24enni.

«Ma con un vaccino, puoi invece selezionare i pezzi migliori dell'agente patogeno da colpire al fine di suscitare risposte più efficienti delle cellule T e B. Tuttavia, sebbene l'immunità duri più a lungo, potrebbe non essere presente in tutti i gruppi di persone. Questi risultati sottolineano la necessità di esaminare diversi gruppi di persone per comprendere appieno se l'immunità al Covid-19 è possibile, specialmente durante lo sviluppo del vaccino. Questo è esattamente ciò che è valutato nelle sperimentazioni sui vaccini di Fase 3 attualmente in corso. Per ora, non dovremmo essere troppo preoccupati - suggerisce il professor Cruickshank - Covid-19 è un enorme puzzle che stiamo gradualmente sbloccando. Ogni pezzo del puzzle che padroneggiamo contribuisce ad aumentare la nostra conoscenza e la nostra capacità di sconfiggere questa infezione».

Ecco il punto cruciale: siccome l’immunità suscitata dal vaccino, anche se si presuppone che duri più a lungo, non sarebbe permanente e, siccome il Sars-Cov-2 si comporterebbe in modo abbastanza simile ai coronavirus stagionali, tutti gli anni bisognerà vaccinarsi! Servirà a qualcosa rammentare, alla schiera di mentecatti che stanno in fila decine di ore per farsi fare un tampone che non serve a nulla, o per farsi iniettare dei virus dell’anno precedente prelevati dall’altro capo del mondo che mai avrebbero contratto naturalmente onde essere “protetti” dall’arrivo di un nuovo virus stagionale, la netta contraddizione che porrebbe in competizione un vaccino contro un virus di cui il GISAID (banca dati dei virus) ora rileva quasi 150.000 diversi sequenziamenti quando solo ad aprile erano già 70.000?

Servirà rammentare che gli anticorpi sono i protagonisti della risposta immunitaria umorale insieme alle cellule che li producono, i linfociti B? Durante la risposta immunitaria, infatti, i linfociti B sono attivati dai linfociti T helper a produrre grandi quantità di anticorpi sempre più efficienti per rispondere al meglio all'antigene (per intenderci: un antigene è una proteina in grado di essere riconosciuta dal sistema immunitario come estranea o potenzialmente pericolosa). La principale funzione degli anticorpi è quella di opsonizzare i microbi (sono quindi delle opsonine), cioè legarsi a loro e facilitare la loro distruzione (attraverso fagocitosi o lisi cellulare). A quale risposta immunitaria dovrebbero rispondere, o attivarsi, gli anticorpi se uno è asintomatico, cioè sano, ovvero non colpito dal virus Sars-Cov-2?

Qui, il neuroncino triste e solitario che percorre i meandri del cervello di questi cosiddetti scienziati in cerca di un compagno, chiedendo ad alta voce: “C’è nessuno?” ci rammenta che, normalmente, una volta gestita una minaccia, sopravvive un pool di questi linfociti istruiti che sanno come affrontare quel germe specifico. Questi sono noti come celle di memoria. Le cellule della memoria sono straordinariamente longeve, pattugliano il nostro corpo pronte per quando potrebbero essere nuovamente necessarie… ma lasciamoli continuare, perché a fare danni ce n’è più d’uno e, alla fine avremo anche la certezza sulla paternità dell’invenzione dei “pericolosi asintomatici”…

Uno studio condotto dalla Icahn School of Medicine del Mount Sinai a New York, tra marzo e ottobre 2020, appena pubblicato su “Sience” (in pari data di quello londinese), su oltre 30mila persone sottoposte a screening, ribalterebbe quanto sostenuto dall’Imperial College: il virus Sars-CoV-2 lascerebbe nel sistema immunitario un segno più forte e duraturo del previsto. Infatti, la maggior parte dei malati che hanno avuto una forma lieve o moderata di Covid-19 manterrebbe per almeno cinque mesi una forte risposta degli anticorpi capaci di neutralizzare il virus. «Sebbene ci siano alcuni report che affermano che gli anticorpi contro questo virus scompaiono rapidamente, noi abbiamo scoperto esattamente il contrario - sottolinea Florian Krammer, autore senior dello studio - Più del 90% delle persone lievemente o moderatamente malate producono una risposta anticorpale abbastanza forte da neutralizzare il virus e la risposta è mantenuta per molti mesi».

Da notare che nello studio non si parla minimamente di “asintomatici”! «Si tratta di una conferma estremamente importante di risultati simili ottenuti da altri gruppi in casistiche più piccole - commenta su Facebook Guido Silvestri, patologo all’Emory University di Atlanta - Soprattutto, lo studio consiste con l’osservazione che re-infezioni con Sars-CoV-2 sono molto rare e supporta l’ipotesi secondo cui si stia formando una robusta immunità di gregge verso il virus nelle aree più colpite dalla prima ondata di pandemia».

«Coronavirus, “chi è stato infettato può contrarlo di nuovo e con sintomi più gravi». Eccoci all’opposto dell’opposto ed è solo di un paio di mesi fa la tesi, tutta italiana, pubblicata sulla rivista scientifica BMJ Global Health. Analizzando i coronavirus umani, famiglia alla quale apparterrebbe il Sars-Cov-2, gli scienziati hanno rilevato che 4 dei 7 ceppi conosciuti creano sindromi respiratorie lievi e tutti causano re-infezioni, indipendentemente dall’immunità umorale che si acquisisce dopo essere guariti dalla malattia. Nei casi più gravi conosciuti, il Mers-Cov e il Sars-Cov, che sarebbero anche quelli più simili per caratteristiche al nuovo Sars-Cov-2, rispettivamente con una somiglianza genomica del 50% e del 79%, sarebbe stato identificato un fenomeno noto come Antibody Dependent Enhancement (Ade): in pratica, il legame tra virus e anticorpi creerebbe le condizioni per permettere una nuova infezione che potrebbe presentarsi con una maggiore virulenza. Tradotto: in caso di seconda ondata, chi ha già contratto il virus potrebbe ammalarsi di nuovo e in forma più grave.

Oltre le caratteristiche simili di Sars-Cov-2 con Sars-Cov e Mers-Cov, che fanno quindi ipotizzare che il fenomeno Ade possa replicarsi anche con quest’ultimo virus, gli scienziati hanno pure rilevato che questo meccanismo in questi altri due coronavirus presenta caratteristiche molto simili al quadro clinico dei casi critici di Covid-19. «Le analogie – ha specificato il primo firmatario dei sette ricercatori italiani Luca Cegolon, medico epidemiologo presso l’Asl 2 di Marca Trevigiana di Treviso, parlando a “Repubblica” – sono molte, come dimostra la diminuzione dei livelli dell’interferone, che serve a difenderci dalle infezioni, e dei linfociti mentre aumentano i fagociti che sono responsabili di un quadro polmonare gravemente compromesso e caratterizzato da una tempesta di citochine.

Su un punto, però, bisogna riconoscere che sono stati onesti e realisti, oltre al fatto che anche in questo studio non si tirano in ballo gli “asintomatici”: «Per nessun coronavirus è mai stato possibile produrre e commercializzare un vaccino efficace finora, neppure per quelli temibili che, come il Sars-CoV-2, causano sindromi respiratorie acute severe, cioè il Middle-East Respiratory Coronavirus (Merc-CoV) ed il Sars-CoV che causò la famosa epidemia cinese nel 2003. Questo, perché il meccanismo che ha impedito la produzione di anticorpi fino ad ora non è ancora chiaro (e… sono passati ben 17 anni! ndr). I coronavirus sono noti per causare re-infezioni, indipendentemente dall’immunità acquisita».

Questo nostro ennesimo intervento servirà forse a qualcuno intelligente, al quale consigliamo anche di approfondire la psiconeuroimmunologia, mentre gli altri possono liberamente farsi ammazzare come meglio credono. Una cosa però l’abbiamo appurata: ora sappiamo chi ha istruito quel parassita di Crisanti di scagliarsi contro gli “asintomatici”…

02 novembre 2020
Redazione di Extrapedia


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