Inizialmente (prima dell’evento che gli umani hanno chiamato Big Bang), una forma d’energia potenzialmente perfetta giaceva in uno stato di assoluta quiete, dove positivo e negativo, intesi come polarità opposte, erano integrati l’uno nell’altro (ermafrodito).
A un certo punto, questa forma d’energia, perfetta solo a livello potenziale ma non coscienziale, s’è “svegliata” dal suo stato di quiescente ignoranza e, automaticamente, volendo mettersi alla prova, è divenuta dinamica. Permeando il tutto e avendo necessità di avere uno schermo sul quale proiettare il suo pensiero creativo, ha separato una parte all’interno di sé, annullando quello stato di quiete e liberando contestualmente, in quel determinato spazio, le polarità opposte.
Forte del suo pensiero creativo e della sua perfezione, anche se latente, ha cominciato a immaginare una miriade di universi frattali (anche l’uomo racchiude in sé un universo), tutti creati attraverso un unico progetto: quello che conosciamo come Albero della Vita. Attraverso una gamma infinita di frequenze ha fatto in modo che parte della sua energia, quella spesa per concretizzare e dare forma alla sua immaginazione, si condensasse a più livelli, creando i veicoli (corpi) attraverso i quali ogni parte di sé potesse interagire con un’altra qualsiasi in rapporto al livello in cui via, via, sarebbe venuta a trovarsi. Come risulta ovvio, ciò che è perfetto anche se solo a livello potenziale, rimane tale, cosicché poteva solo sperimentare l’imperfezione (la caduta degli angeli biblica), cioè tutto ciò che è racchiuso in questo “grande” universo fatto a buccia di cipolla.
Pur essendo, sostanzialmente, costituito della stessa essenza (o energia… spiegato ai credenti cristiani come: “Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo”) l’universo, dotato appositamente di una considerevole parte di autonomia (libero arbitrio) in base ai livelli (strati della cipolla) che interpreta, resta in ogni caso un sogno. Un’ipotesi. Un’immagine proiettata. Il frutto di un pensiero creativo. Un film… dove ogni interprete ha un copione da rispettare.
Come accade nella programmazione dei film che vediamo sugli schermi, gli interpreti possono anche recitare a “cappella” (come era solito fare Totò, per esempio), ma la trama deve essere in ogni caso rispettata, così come i tempi di realizzazione per non andare fuori budget.
Allo stesso modo funzionano le cose in questo grande universo e in tutti gli altri in esso racchiusi. Avendo concesso a tutti i suoi interpreti una certa autonomia, onde sperimentare determinate esperienze e riportarne la consapevolezza, allorché qualcuno va fuori tema, o non procede rallentando la produzione del film, interviene il regista (il sognatore) che decide se rifare completamente una determinata scena (catastrofi), se il problema è creato da troppi attori, oppure si limita a pungolare qualcuno di essi in particolare (sofferenza) se il problema è abbastanza circoscritto.
Visto dalla prospettiva del film e da quella dei suoi interpreti, ogni infinitesima parte, impegnata in questa ricerca di conoscenza di sé, interpreta un compito esplorativo unico, mai uguale a quello di un’altra, con l’obbligo di riportare indietro la consapevolezza del suo stato (la perfezione) attraverso tutte le possibili esperienze che le sono state affidate, nessuna esclusa. Il lancio del boomerang può descrivere abbastanza bene questo percorso, anche perché l’uni-verso va per un verso solo, parte da un punto e ritorna allo stesso punto. La traiettoria ellittica del boomerang è la nostra rotta, da quando abbiamo cominciato a interpretare la parte del semplice atomo, fino a quando ritorneremo a essere solo pura energia, ma con una sostanziale differenza e, con un profondo sospiro di sollievo. La differenza sarà data dal fatto che finalmente avremo la consapevolezza d’essere un tutt’Uno perfetto e il sollievo giungerà col ritorno di quello stato di quiete che nessun pensiero mai più turberà. Ergo, non avremo mai più bisogno di cimentarci in un’altra avventura come questa.
Per dare sostegno e migliore comprensibilità a quanto sopra, ecco un esempio molto semplice: il campione del mondo dei pesi massimi era campione (a livello potenziale) anche prima di cimentarsi, ma solo attraverso l’agonismo ha avuto conferma che veramente era un campione.
Cosa abbiamo quindi come quadro della situazione generale?
Da una parte avremo l’energia primordiale ignorante, che continua a riversarsi (energia e materia oscure), fluendo nell’interpretazione di questo sogno/film (il grande universo), fino al suo completo esaurimento. Dall’altra una crescente energia, finalmente conscia della sua perfezione e potenza, che diverrà un tutt’Uno allorché l’altra parte di sé sarà confluita completamente in essa, attraverso l’esperienza dell’universo (che a tutti gli effetti non può definirsi Realtà assoluta, perché resta un sogno, un’ipotesi, una proiezione, un film). Attenzione: la stessa cosa accade nell’evoluzione umana!… non c’è differenza, come si vedrà alla fine dell’opera…
Tutto questo è abbastanza logico anche dal punto di vista della stupidità e ignoranza che albergano nell’uomo. Non ha bisogno, infatti, di gettarsi dal ventesimo piano per sapere che così facendo si spiaccicherebbe al suolo… gli basta immaginare la situazione per comprenderne sia le dinamiche, sia gli effetti. Perché non dovrebbe fare altrettanto quest’energia, giacché, anche se non ne è conscia, resta in ogni caso perfetta?
Allora, quello che la nostra coscienza non vuole farci ricordare e realizzare, è che noi siamo solo una proiezione di quell’energia (in pratica non esistiamo Realmente), perché potremmo decidere, attraverso quel po’ di autonomia che ci è concessa (restiamo cmq energia anche se in parte condensata), di non prestarci più a questo gioco… dal suo punto di vista, sarebbe una disfatta e tutto dovrebbe ricominciare daccapo!
Siccome il nostro unico scopo è quello di convincerci che siamo perfetti, sperimentando lo sperimentabile attraverso l’unica via possibile: l’imperfezione, nel nostro percorso ci si presentano davanti solo due possibilità. O avanziamo un passo alla volta, tenendoci per mano l’un l’altro in questa catena universale che ci unisce tutti, oppure riconosciamo e accogliamo la nostra vera natura, vivendo appieno la nostra perfezione, riunendoci così a quella parte già realizzata. In quest’ultimo caso, abbandoneremmo quella catena che ci lega al concetto degenerativo e rigenerativo di tempo e di spazio. Non saremmo più invischiati in assurdi concetti religiosi (non è Dio che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, ma è l’esatto opposto: l’uomo ha inventato un inesistente Dio assoluto, separato da se stesso, per scrollarsi di dosso le proprie responsabilità) che frenano il passo, provocando la reazione (catastrofi e/o sofferenze) del sognatore o regista… che alla fin fine altri non è che una cosa sola: Noi!
La tradizionale via del ritorno (la catena infinita) è costellata di traguardi e, fino a un certo livello non possiamo sottrarci alle sue regole, giacché guidati dal solo ragionamento istintuale che contempla unicamente azioni e reazioni. Tuttavia, più ci addentriamo in questa densità umana e più la sperimentiamo (reincarnazioni), una crescente consapevolezza prende pian piano il sopravvento: “cogito ergo sum!” (penso quindi sono). Più penso, più ragiono, più immagino e meno ho bisogno di servirmi della mia parte istintuale per sopravvivere (qui comincia a risvegliarsi il Dio che è in noi) ma, come ogni medaglia, ha anche il suo rovescio…
I ricordi di Chi o Cosa eravamo all’inizio giungono confusi, generando sensazioni viscerali ed emozioni conflittuali che esplodono in tutta la loro intensità. Brancoliamo nell’apparente buio più profondo e, ogni appiglio che a tastoni possiamo incrociare lungo il nostro cammino zigzagante, ci sembra un’ancora di salvezza, alla quale ci aggrappiamo proprio come dei naufraghi asfittici, con l’intento di non mollarlo più (fede in qualunque cosa, non importa quale, purché possa lenire le nostre paure e insicurezze). Se prima (stadio vegetale e animale), le nostre esperienze erano guidate da una sorta di custodi (ogni strato della cipolla/universo ha i suoi) che vegliavano e provvedevano a noi, ora che non siamo abbastanza aperti alla comprensione di questa nuova dimensione, ci sentiamo soli e abbandonati.
Disperatamente cerchiamo di riavere il supporto di quei custodi, ergo quel senso di sicurezza, a tutti i costi. Qui entrano in gioco due fattori: 1) il piacevole ricordo/sensazione di quell’energia primordiale che non ci ha mai abbandonato, essendo noi stessi una sua parte più condensata. 2) la gestione, ovvero l’accaparramento di quell’energia che non riusciamo a vedere in noi stessi, ma come riflesso, la vediamo solo negli altri. Qui s’attiva un’alchimia particolare e complessa. L’uomo diventa un manipolatore, disposto a tutto pur di “vampirizzare” quest’energia che dà un notevole stimolo psicologico.
La sete di potere, non è finalizzata a soggiogare fisicamente le masse, ma a sfruttarle come tante vacche da mungere (mungere energia). In questo labirinto, per certi versi perverso (per altri più elevati: necessario), spuntano fuori le religioni, fatte su misura per tenere il più a lungo possibile le masse nell’ignoranza, attraverso personaggi inventati (divinità, maestri, madonne, santi…) e assurdi concetti di colpa e di peccato (l’universo è una scuola, quindi non esistono colpe o peccati, ma promossi o rimandati). Una sorta di moneta di scambio a livello universale, dove tutto questo diventa un filtro per separare i brocchi dai purosangue. E, dato che il pensiero già a questo livello comincia a creare una sua realtà, anche se a misura d’uomo, questa diventa reale per noi, ma invero convenzionale, perché continuano a insegnarcela fin da bambini in questo modo.
I genitori stessi, inconsapevolmente, diventano i primi manipolatori/vampiri della nostra vita, perché a loro volta sono stati vampirizzati durante la loro infanzia e da ciò hanno assunto queste caratteristiche inconsce (comportamento, per esempio, inquisitore o vittimista. Inquisitore = che cerca d’imporre con la forza/autorevolezza la sua volontà. Vittimista = che sfrutta i sentimenti altrui per avere maggiori attenzioni, quindi ricevere energia dagli altri).
Noi stessi, ogni volta che ci confrontiamo col nostro prossimo, diventiamo dei manipolatori. Quali siano i particolari della situazione o dell’oggetto di confronto, ci prepariamo a dire o fare ciò che è necessario al fine di avere il sopravvento, ovvero il controllo sull’altro. Possono esserci, quindi, due soli risultati: gli interlocutori si allontaneranno sentendosi più deboli o più forti in dipendenza di quanto è avvenuto durante il contatto. Questo comportamento, che continua a verificarsi a ogni istante e in ogni frangente della nostra vita, è assurdo, perché di energia ne possiamo avere quanta ne vogliamo e in modo inesauribile. Basta canalizzarla consapevolmente dalla fonte originaria alla quale restiamo sempre collegati, durante questo cammino, attraverso un vero e proprio cordone ombelicale.
Allorché si diventa consci di ciò, si comincia anche a diventare dei “purosangue”, ci si stacca dalla massa dei “brocchi” che ancora non hanno realizzato che la vita è una palestra dove bisogna assolutamente allenarsi per vincere, e non per perdere in partenza. Avendo imparato a gestire questa fonte d’energia inesauribile, si dispensa a chi ne ha bisogno, senza porsi in contrapposizione. Di conseguenza, l’antagonista non sentirà la necessità di porsi in uno stato di confronto e questo l’aiuterà pian piano a comprendere che si può ottenere anche in altro modo. In tutto questo, i custodi (le unità di coscienza, ovvero coloro che a questo livello – strato di cipolla/universo – hanno già raggiunto lo stadio evolutivo), attraverso tante forme facilitano e stimolano che ciò avvenga, onde evitare che il regista adotti mezzi più convincenti.
La via del ritorno resta sostanzialmente lineare e obbligatoria e, prima o poi, tutto ciò che costituisce l’universo sarà riassorbito confluendo in quella parte conscia, ormai completa, che formerà il cosiddetto Tutto. Invero, non tutta l’energia, espressa nel ciclo di andata e ritorno, rispetta gli stessi canoni lineari. In qualunque luogo dell’universo, ove sia data l’illusoria possibilità di gestire in piena autonomia una parte di quest’energia (per esempio l’uomo col proprio pensiero crea e mantiene in vita delle forme mentali a sua apparente discrezione) questa può stazionare a lungo in determinate porzioni spazio-temporali.
Queste forme pensiero, sono frutto delle credenze popolari, create dalle stesse e continuamente alimentate, attraverso la fede, per intere generazioni. Siccome a questi livelli elementari d’apprendimento (dimensioni), non è ancora acquisita la piena coscienza e responsabilità delle potenzialità del pensiero creativo, il “bene” e il “male” assumono consistenza, pur restando nella totale sfera della più bassa (intesa come frequenza) delle illusioni. D’altronde, questo è il principale regno della dualità e della separazione, cioè della totale negazione del Reale. Questo, tuttavia, non va considerato in un ottica repressiva, o per altri versi spietata, ma solo come una vera e propria prova d’esame: regnando la dualità ci sono alternative da scegliere ed esperienze diverse da affrontare in base alle scelte fatte.
Si dice che prima di avere la piena certezza di potere risalire bisogna toccare il fondo e a livello dinamico questo concetto è corretto. La via dell’ancora di salvezza (il “bene”), accennata all’inizio, sarà la prioritaria per “l’asfittico” il quale, prima di giungere a questo stato di anossia, avrà toccato il fondo (il “male”). Tra questi due errati e opposti concetti, c’è la via di mezzo. Quella che più velocemente riporta in carreggiata (principale via del ritorno) l’allievo sperimentatore: il ragionamento!
La nostra esperienza non è partita a questo livello da un cogito ergo sum? Usiamolo! Per sottolineare quanto sia stato provvido il regista, anche in questo caso è stato previsto un aiuto per chi sceglie di percorre la via del ragionamento: l’insoddisfazione! Va da sé che per quanto si possano fare esperienze in una dimensione come questa terrena, seguendo gli stimoli sensoriali e la curiosità, prima o poi diverranno ripetitive, perché si estrinsecano tutte su un piano orizzontale. All’adrenalina che secerne dalla novità, subentrerà la noia, quindi l’insoddisfazione e il ragionamento porterà lo sperimentatore a volgere il suo sguardo altrove, verso l’unica alternativa geometricamente possibile: la verticalizzazione dell’esperienza, accorgendosi che questo è solo un altro modo per indicare la principale via del ritorno. Rieccoci in carreggiata!
Durante questo viaggio, ciò che sfugge alla normale comprensione è il fatto che non lo stiamo facendo materialmente, ma lo stiamo immaginando e, siccome anche la pellicola (universo) sul quale imprimere il film (vita ed esperienze attraverso le forme pensiero) deve essere fatta di un “qualcosa” di tangibile rispetto allo schermo sul quale sarà proiettato, non essendoci null’altro che noi (come forma unica di energia perfetta) quel qualcosa lo dobbiamo trarre da qui, cioè da noi stessi.
Tutto ciò che esiste, compresi noi stessi quindi, è semplicemente quest’energia in fase di travaso, che deve passare attraverso filtri che non producono scorie da eliminare, ma da raffinare fino al loro pieno e totale impiego. In queste ultime, semplici, parole è racchiusa tutta l’interpretazione della Realtà!
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