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Osservazioni sul comportamento delle persone attorno all’argomento infettivo

N. H. Dr. Salvatore Rainò: Ufficiale Medico Dirigente di Servizio Sanitario in congedo – 13° Battaglione Logistico di Manovra (Encomio Solenne, per il senso di altruismo e il cosciente sprezzo del pericolo) - Medico Chirurgo - Specialista in Allergologia ed Immunologia Clinica - Specialista in Medicina Interna - Omeopata Unicista Hahnemanniano LUIMO - Ricercatore bioenergetico

Nulla è più affascinante delle scelte comportamentali, quando si parla di infezione.

Ovviamente la parola infezione corrisponde ad una serie di dimensioni cognitive fra le più variabili, a seconda del livello di consapevolezza, di cultura e di intelligenza.

L’aspetto più saliente dell’infezione non è la sua presenza, ma la sua assenza.

Poiché, utilmente, sarebbe possibile soffermarsi sui casi in cui l’infezione non si manifesta.

E’ più curioso esaminare i motivi della mancata infezione che quelli dell’infezione.

Tolta la presunzione dell’infezione, che cosa resta?

Resta la realtà.

Ogni volta che una persona non si infetta, significa che qualcosa del concetto di infezione manca, ma che, soprattutto, proprio l’idea infettiva, potrebbe essere sostituita da altra convinzione.

Ecco perché non si può mettere al centro della realtà un virus o qualunque microrganismo, che occupa un posto speciale solo quando l’infezione è ben documentata.

Ma, persino in caso di infezione, non è mai certo che sia prioritario il ruolo dell’agente infettante.

Piuttosto, è molto più profondo interessarsi dei motivi per cui la maggior parte delle persone non va incontro ad un’infezione.

Ammesso che un’infezione sia possibile, è logico aspettarsi di poterla riconoscere nelle situazioni in cui sia venuta meno una logica che previene le infezioni.

Per esempio, se danneggiamo la mucosa rinofaringea, introducendo forzatamente il tampone per covid, creiamo una soluzione di continuo, che agevola le infezioni, e che non si sarebbe creata senza la manomissione dell’atto diagnostico tramite tampone.

E’ proprio necessario introdurre il tampone?

Non basterebbe fare emettere uno sputo al soggetto che si ritiene essere potenziale diffusore di virus?

Vacilla la tanto affermata diffusibilità del virus, se dobbiamo andare a scovarlo con una manovra meccanica a ridosso delle mucose.

E poi…può essere arrestato il virus, che ha dimensioni tali da non poter essere fermato nemmeno dalle maglie più strette che nessun mascherino potrà mai vantare?

Ha senso la compartimentazione di luoghi ed orari, secondo le intenzioni imposte dai funzionari covidiani?

Ha senso ancora oggi pensare che il tampone o la sierologia abbiano significato, alla luce dell’interpretazione del virus come un piccolo avvicendarsi di acidi nucleici, che sono inseriti nel normale bagaglio di ogni individuo normale e in salute?

Ha senso la straripante richiesta di tamponi e di vaccini, per scongiurare la paura di uno degli episodi più attribuibili all’agire umano che ad una intrinseca capacità patogena di un potenziale agente infettivo?

Osservando il rituale del mascherino, è fuori di ogni dubbio la pateticità, sino al tragicomico, di ogni comportamento che ne preveda la centralità.

Per non parlare dei sintomi sospetti, che sono la norma di una osservazione su soggetti sani, che va incontro alla variabilità di reazione, tramite i così detti sintomi di tipo influenzale.

Viene anche di non scrivere su argomenti di così tale sciatta performanza.

Purtroppo, esiste una molestia continua depressivante, che pesa su quelle che erano le operazioni più semplici della vita ancora consentite: prendere un caffè, fare la spesa, andare al cinema.

Ho la sensazione che di fronte alla magnitudo del sistema di controllo anticovid possa non servire nulla, ma, per fortuna, resta l’autorevolezza e il magnetismo di ognuno di noi nel gestire i fatti spiccioli della vita quotidiana, ormai prossima al collasso totale.

La più grande tristezza consiste nel constatare che quella crescente idiozia che temevo albergare in molte persone non era solo una sensazione, in quanto si è ora materializzata, tramite flussi di stereotipie degne di manicomio.

Ma così è evidentemente la vita, che resta nelle mani di una folla impazzita di automi, che si arrabbiano se poco poco proponi loro una lettura intelligente dei nessi e delle circostanze.

Perché scrivo, se credo che serva poco?

Perché ogni espressione di armonia e di intelligenza è contagiosa, esattamente come l’idea del virus.

Di contagioso conosco soprattutto la cecità all’individuazione di uno stile di vita consapevole e capace di custodire la salute.

Esiste evidentemente una pressione costante che indebolisce la cultura e l’intelligenza, e che viene da alcuni ritenuta necessaria, per non consentire eccessivo potere alle masse.

Personalmente, ritengo che le persone più intelligenti non possano che essere agevolate dalla crescita dell’intelligenza di tutti.

Infatti, la vera intelligenza sviluppa le qualità migliori dell’individuo, che nulla potrà temere se si distribuisce un livello più alto per intendere la vita.

Al contrario, ritengo che il mantenimento di nicchie di profonda ignoranza favorisca i fenomeni più gravi di declino della qualità del comportamento, che, infine, nuoce a tutti, anche agli agonisti del freno evolutivo.

Forse un grande mascherino servirebbe, se davvero potesse svolgere una funzione, nello schermare il cuore e l’intelligenza delle persone da ogni messaggio che allontani l’individuo da quei valori impersonali, che non si ritrovano nemmeno scalfiti negli ordini di creature che chiamiamo inferiori.

Gli esseri umani che indossano il mascherino hanno sviluppato nuove caratteristiche, che preoccupano.

Essi camminano chini in avanti, con una specie di gibbo, sono pallidi in volto, goffi, gli occhi senza luce, strani comportamenti misti di carenza intellettiva e di inutile aggressività.

Sarà l’anidride carbonica in eccesso nel loro sangue?

Sarà la sottomissione cui si piegano, che spunta il brio dell’anima?

Sarà che si stanno ammalando tutti, a furia di combattere con il ristagno di germi, che vanno avanti e indietro lungo le vie aeree, invece che fuoriuscire dai polmoni ad ogni atto respiratorio?

Fatto sta che la vergogna si è abbattuta rovinosamente sui cittadini, specie su quelli che non credono al covid, ma, per non dissentire, si umiliano ancora di più.

Le peggiori caratteristiche di una società si sviluppano quando essa è articolata da una bugìa.

Lo era già, ma abbiamo raggiunto un tale livello che la maggior parte delle energie sono impegnate nel contrastare gli effetti dannosi del misconoscimento della bugìa.

Non vi è più Medicina, Legge, Sicurezza pubblica, Religione, Scuola, Ruoli, Valori.

Vi è un cumulo crescente di contenitori vuoti, che attendono o il rinnovamento delle priorità o la morte.

Lungi da me, come al solito, tacere o parlare incautamente, a costo di qualunque ripercussione, tranne che sul senso della mia dignità e sul destino della mia anima.

Il tentennamento dei Medici è la fonte principale del grande problema comportamentale della gente.

Le persone si aspettavano dai Medici delle chiare indicazioni, che anche questa volta mancano, sempre più gravemente, tanto da autorizzare gli altri laureati a credere che le vicende attuali possano avere un senso.

Il senso è da ricercare in chiave antropologica, se non altro perché, in caso contrario, ci saremmo già estinti completamente.

Ma a questo, ahimè, non ci pensa nessuno!

Nel senso che un fenomeno infettivo, grave quanto si racconta, non consentirebbe il prosieguo di una vita che non si è discostata dalla norma se non sul piano psichiatrico.

E poi… quale norma?

Extrapedia Autori
02 ottobre 2020
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