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Archiviata la querela di Burioni al dottor Montanari

Roberta Doricchi 1) intervista il dott. Stefano Montanari

Roberta Doricchi – Anche oggi credo che ci sia più di un argomento da trattare. Vorrei iniziare da uno che potremmo definire minore. Ormai molto tempo fa il professor Burioni la querelò. Ci riassume la vicenda e il suo finale, se un finale c’è?

Stefano Montanari – Come forse qualcuno ricorderà, nel 2016 noi pubblicammo l’esito di una nostra ricerca sulla leucemia mieloide acuta, mostrando come nei malati di quella patologia il sangue contenga una quantità di micro-e-nanoparticelle enormemente superiore a quella che si trova nei soggetti sani. 2) L’articolo porta molte firme, alcune delle quali di qualcuno che forse non sa nemmeno di che cosa si tratti, ma il galateo universitario è quello. Fa pena, a me fa orrore, ma è quello. A parte ciò, quella ricerca, una ricerca che apre una finestra che potrebbe essere fondamentale nell’approccio alla malattia, aveva bisogno di una casistica più ampia.

RD – Perché?

SM – Perché la medicina non è una scienza e le sue verità sono quelle supportate dai numeri: più grandi sono i numeri, più accettata come vera è un’affermazione. Dunque, occorreva proseguire esaminando altri casi.

RD – E invece…?

SM – E invece accadde che il medico che ci forniva i campioni di sangue ci fece sapere che non ci avrebbe dato più niente e l’università che ci preparava i campioni per lo studio di microscopia non ce li preparò più.

RD – E questo perché?

SM – Lo sa anche lei: mia moglie ed io siamo pericolosi. Noi mettiamo il becco nei vaccini e dimostriamo in modo che nessuno può contestare se non rendendosi ridicolo che quei farmaci sono pesantemente inquinati.

RD – È un altro degli argomenti che vorrei trattare visti alcuni risultati pubblicati recentemente. Ma che c’entra questo con la leucemia?

SM – Da un certo punto di vista niente. Da un altro tanto. Chiunque collabori con noi, fosse anche per farsi due uova fritte, rischia di essere guardato male dal regime. Così, ecco la reazione chi tiene famiglia e non vuole noie.

RD – Ma che c’entra Burioni?

SM – Un suo amichetto d’infanzia che fingeva una sorta di amicizia con mia moglie e con me mi disse che a scatenare quella reazione da parte di chi ci forniva il materiale fu Burioni con una lettera scritta all’Ordine dei Medici di Pesaro in cui, non si sa bene con quale autorità, invitava quell’ente a impedire che ci arrivasse il sangue.

RD – E non era così? SM – Burioni reagì indignato e l’Ordine dei Medici negò l’esistenza di quella lettera. Io, allora, mi affrettai a scusarmi pubblicamente: ero stato male informato e mi ero fidato di un bugiardo. Però Burioni mi querelò ugualmente e scrisse pure che da quella querela avrebbe ricavato un monte di quattrini. Mi permetta di non commentare. Comunque, lettera o no, l’effetto fu proprio quello: il blocco delle nostre ricerche.

RD – E come finì la storia?

SM – Nella maniera più ovvia: la magistratura archiviò il tutto.

RD – Perché?

SM – Faccia lei.

RD – Tutto finito?

SM – Certi personaggi, non disponendo di altro, hanno l’uzzolo della querela, una pratica legale gratuita che, in ogni caso, è una seccatura e una spesa per chi la subisce.

RD – E adesso?

SM – E adesso, se ne avremo i mezzi, continueremo la ricerca individuando un ospedale e un’università che intendano fare quello che dovrebbe essere il loro compito, sperando di evitare interferenze.

RD – Veniamo ai vaccini e alle analisi del Corvelva.

SM – Le analisi non sono del Corvelva perché quella è un’associazione di persone che non hanno i mezzi tecnici né le competenze per farle, ma le hanno commissionate e pagate. Il che va tutto a loro merito.

RD – È stato reso noto che c’è stato anche un contributo economico dell’Ordine Nazionale dei Biologi.

SM – Sì, e anche questo va tutto a merito dell’ente. L’Ordine Nazionale dei Biologi ha fatto la sola cosa onesta che un ente pubblico dedicato alla salute potesse fare: andare a controllare. Come c’era da aspettarsi, le reazioni sono state scomposte, violente, immorali e a dir poco ridicole. Il vaccino deve restare un atto di fede e guai a chi si permette di guardare che cosa c’è dentro. È evidente che chi ha strepitato contro l’Ordine Nazionale dei Biologi ha confessato di simpatizzare con una posizione in cui ignoranza e corruzione sono i padroni indiscussi, ma questo non è affare che mi riguardi e neppure che m’interessi. L’articolo 21 della Costituzione, almeno fino a che qualcuno non sarà così spudorato da cancellarlo, mi permette di dire che di queste persone provo un disprezzo profondo, ma certo non posso interferire sul loro grado di moralità.

RD – Che cosa è uscito da quelle analisi?

SM – Che i vaccini sono inquinati da un’infinità di porcherie.

RD – Mi pare che le vostre analisi lo dicano da molti anni.

SM – Sì, certo. Però i nostri risultati non hanno ottenuto pari pubblicità. Questo anche se ciò che abbiamo trovato noi è in un certo senso più grave dal punto di vista sanitario.

RD – Perché?

SM – Perché mentre le analisi di Corvelva mostrano la presenza d’inquinanti organici e, dunque, qualcosa che si spera essere eliminabile o, comunque, modificabile dall’organismo, le nostre particelle sono, per così dire, eterne e non c’è modo per eliminarle o per rendere meno aggressive.

RD – Ma perché non trovate le stesse cose?

SM – Perché usiamo metodi analitici molto diversi, ognuno dei quali è capace di rivelare cose diverse. Noi non abbiamo la possibilità di vedere le sostanze organiche e loro non rilevano le particelle inorganiche. Quindi, come vede, si tratta di risultati che si completano reciprocamente. Noi abbiamo analizzato moltissimi vaccini, l’ultimo dei quali ci è stato fatto arrivare dall’Estonia, e sarebbe interessantissimo se gli stessi vaccini nostri fossero analizzati dal laboratorio che l’ha fatto per Corvelva o da chi lo facesse con la stessa metodica.

RD – Si è cercato di mettere in dubbio la validità delle analisi di Corvelva. Qual è la sua opinione?

SM – Io rispondo solo di ciò che faccio io. Sulla validità di quelle analisi non ho dati su cui basarmi. Posso solo dire che i risultati non mi sorprendono e che, se la società disponesse di enti di controllo seri e affidabili in tutti i sensi, le analisi sarebbero state ripetute alla presenza delle due parti. Non lo si è fatto esattamente come non lo si è mai fatto per le nostre analisi, e questo nonostante i ripetuti inviti da parte nostra. Dal punto di vista razionale un comportamento del genere dovrebbe aprire gli occhi a chiunque. Eppure non è così. La conclusione è che chi manovra il giochetto sa come si manipolano i cervelli e che i cervelli non hanno obiezioni ad essere manipolati. Forse lo pretendono.

RD – I risultati di Corvelva mostrano addirittura che in certi casi non ci sarebbero gli antigeni relativi alla malattia che s’intende prevenire.

SM – Come emerge da una recente sentenza di un tribunale USA, i vaccini non sono controllati da almeno 32 anni. Il che significa che ci si può impunemente ficcare dentro qualunque cosa. Comunque, antigeni o no, non c’è motivo di preoccuparsi: nessun vaccino ha mai avuto efficacia, e questo lo può rilevare chiunque semplicemente consultando le statistiche inglesi e americane che sono di una chiarezza assoluta. Dunque, antigeni o no non fa differenza.

RD – Una truffa?

SM – Giudichi lei.

RD – Veniamo a un altro argomento che sta tenendo banco: il cosiddetto “patto per la scienza”.

SM – Come lo affrontiamo? Dal punto di vista comico o da quello tragico?

RD – Come preferisce.

SM – Io sono sempre stato allevato a giudicare i fatti in modo scientifico, cioè escludendo tutto quanto esula dal fatto in sé. Dal punto di vista teorico può accadere che un imbecille dica una verità e, dunque, quella verità va accettata senza che il fatto che a pronunciarla sia stato un imbecille abbia rilevanza. In questo caso una manciata di perfetti incompetenti ha partorito un’idiozia che non sta né in cielo né in terra. La scienza non ha bisogno di nessun patto: semplicemente di rispetto. E il rispetto, in questa situazione grottesca, non c’è a partire dal travestimento deturpante che quelle povere figurine le hanno attribuito. Il solo pretendere che la scienza sia l’enormità che piace a loro, che nessuno di loro abbia mai fatto una ricerca, che rifiutino di prendere in considerazione dati inoppugnabili e che sfuggano ad ogni confronto li condanna a morte per raffica di risate.

RD – Ma tra loro ci sono Burioni e Silvestri.

SM – Appunto.

RD – Non esiste proprio la possibilità di un confronto?

SM – Non può chiederlo a me. Io lo chiedo da anni, lo chiedo non ai poveri viaggiatori senza biglietto ma a chi pretende di presentarsi come scienziato, ma se questi scappano…

RD – Ora vorrei toccare un argomento molto diverso: il famoso treno ad alta velocità, il TAV, che di tanto in tanto, come sta accadendo ora, arriva alla ribalta dei media.

SM – Se devo esprimermi da cittadino posso dirle che mi pare l’ennesima assurdità di una classe politica inadatta a ricoprire il ruolo che abusivamente ricopre. Il buon padre di famiglia cui la legge fa menzione per poi fare cose che al buon padre di famiglia non passerebbero mai per la testa farebbe una valutazione ovvia di costo reale e beneficio altrettanto reale. Il progetto TAV costa qualche decina di miliardi di Euro per costruire una tratta ferroviaria d’indubbio prestigio ma la domanda è: per chi? Il treno è il mezzo di trasporto quotidiano d’elezione per centinaia di migliaia di pendolari e mi chiedo se i cosiddetti decisori si siano mai fatti un mesetto in quelle condizioni. Treni con orari a dir poco inaffidabili, affollati come scatole di sardine, sporchi all’inverosimile, con i gabinetti in condizioni repellenti, sempre che non siano chiusi… Visto che non nuotiamo nell’oro, forse quei miliardi sarebbero meglio spesi per mettere in condizioni dignitose quei treni ed offrire un servizio a chi il treno non lo prende una tantum. Poi si penserà ad abbreviare di un’ora o giù di lì il viaggio da Lione, ma ora il TAV mi pare un insulto. Da fondatore delle nanopatologie mi limito a dire solo che si forano montagne amiantifere e che l’amianto è una nanoparticelle la cui patogenicità è fuori discussione.

RD – In Val di Susa si protesta, in Francia si protesta…

SM – …in modo che a me non piace. Io sono convinto che certi modi non solo non portino al risultato voluto o dichiarato ma siano controproducenti. Ammetta di avere un negozio e si chieda che cosa penserebbe se chi protesta le sfasciasse la vetrina o, come capita a volte, entrasse e facesse razzia della sua merce. Che c’entra lei con coloro contro cui si protesta? Probabilmente, poi, a guaio fatto, lei non guarderebbe con simpatia quelle persone e i loro obiettivi. Io le assicuro che se qualcuno bruciasse la mia vetusta, eppure ancora utile, Skoda perché non vuole che il treno passi sotto casa sua o per qualunque altro motivo, a maggior ragione se io ne fossi del tutto estraneo, non sarei contento.

RD – E allora, che cosa proporrebbe?

SM – Proporrei di usare le armi di cui legalmente si dispone. Noi, il popolo, per usare una parola ormai inconsueta, siamo i protagonisti della Costituzione, possiamo votare e possiamo pretendere di farlo secondo le garanzie costituzionale e non come si fa da diverse legislature. Non c’è alcun bisogno di fare a botte: si accompagnano alla porta certi personaggi, non se ne accettano più altri dello stesso stampo e si pretende che l’apparato statale, dal presidente della Repubblica giù fino all’ultimo burocrate di quartiere, si comportino secondo la legge e non secondo il loro umore del momento. Questo deve valere anche per l’informazione, quella di stato in primis.

RD – Un programma politico?

SM – Dipende da che cosa intende con quell’accezione. Per programma politico si potrebbe intendere un partito o, come piace a qualcuno credendo o facendo credere che si tratti di altro, un movimento. Ciò che a me piacerebbe, invece, è una presa di coscienza generale dove tutti conservino i propri approcci filosofici alla conduzione della cosa pubblica ma tutti siano coscienti che sulla dignità personale non si transige e la libertà ha come solo confine quello del rispetto della libertà altrui.

RD – Il suo stato ideale prevede altro?

SM – Capisco la sua ironia e la condivido: gli stati ideali, dalla Repubblica di Platone all’Utopia di Tommaso Moro alla Città del Sole di Campanella ai mille altri tentativi sono sempre restati lettera morta anche perché, come qualunque idealizzazione della società umana, non tengono conto del fatto che gli uomini sono tutti a rischio di contrarre patologie morali e basta la classica mela marcia per far marcire tutto il carico. Comunque, la società che ci siamo lasciati crescere addosso è talmente malata che basta relativamente poco per ottenere vistosi miglioramenti. Consideri solo il livello mortificante al quale sono precipitate le nostre scuole con le università in uno stato di degrado culturale che diventa sempre più difficile da recuperare. È da lì che esce o, almeno, dovrebbe uscire la cosiddetta classe dirigente ed è evidente che un docente pessimo non potrà altro che generare pessimi allievi. E gli allievi, a loro volta, diventeranno insegnanti ancora peggiori dei loro maestri, in questo modo perpetuando la caduta. Se non saremo capaci d’invertire la rotta, non avremo scampo: i ponti crolleranno con sempre maggiore frequenza, i medici saranno sempre più devastanti, lo stato precipiterà sempre più in basso…

RD – Ce la faremo?

SM – Oggi la fine del tunnel è buia, ma non si sa mai. Credo che tutto sia cominciato con la mia generazione. Io appartengo a quella che sosteneva l’esame di maturità sul programma degli ultimi cinque anni e sono entrato all’università nel fatale 1968. La mia era una facoltà piccolissima e la tempesta sessantottina passò da noi del tutto non percepita. Ma il Sessantotto, partito dalla Francia come oggi la rivolta dei gilè gialli, modificò pesantemente la cultura. Allora, invece di studiare, i miei coetanei facevano cortei, lanciavano Molotov, occupavano le università spaccando un po’ di suppellettili, sporcando i muri e intasando i gabinetti di preservativi, e vagheggiavano una società ideale che avrebbe cancellato privilegi e ingiustizie di vario grado. Questo, visto che siamo all’università, a partire dai cosiddetti baroni. Il risultato, un risultato tristissimo, è la devastazione che viviamo oggi, una devastazione fatta di concorsi truccati, di professori raglianti, di corruzione. Insomma, è accaduto ciò che accade quasi di regola con tutte le rivoluzioni: l’instaurazione di un regime dove, per usare la figura dei maiali della Fattoria degli Animali di Orwell, sono tutti uguali ma i maiali sono più uguali degli altri e dove si soffre comunque, solo schiacciati da colori diversi.

RD – Un quadretto non proprio consolante.

SM – Lo chiamerei obiettivo. Certo, se si osserva il panorama con lo sguardo che arriva poco lontano, c’è poco da stare allegri, ma, se ci spingiamo un po’ più in là, credo che possiamo legittimamente sperare che questa malattia sociale che stiamo attraversando ci renda alla fine più forti. È vero che noi siamo tradizionalmente dei pessimi allievi della Storia intesa alla Giambattista Vico, ma possiamo sempre sperare che una specie di fiammella pentecostale della saggezza scenda sulle teste di quell’animale stupido e distruttivo che è l’Homo sapiens.

Extrapedia Autori
16 Gennaio 2019
Stefano Montanari - (Credits)


1)
Roberta Doricchi dell'Associazione “Vita al Microscopio”
2)
N.d.R. PubMed “Environmental nanoparticles are significantly over-expressed in acute myeloid leukemia”
db/archiviata_querela_burioni.txt · Ultima modifica: 10/06/2021 17:20 da @Staff R.