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La giusta distanza e il senso del limite

Mauri

D’improvviso il mondo ha cominciato a girare al contrario e l’ordine delle cose è cambiato. Mentre ce ne stavamo rintanati in casa, i cervi si sono impadroniti delle strade, i lupi sono usciti dai boschi e le volpi si sono messe a banchettare ovunque.

Nei giorni cupi del lockdown ci siamo trastullati con la più utopica delle idee: la specie inquinante fa un passo indietro e la natura va alla riscossa.

In Cina pare che i panda, notoriamente pigri anche a “letto”, si siano concessi addirittura qualche scappatella per festeggiare l’inattesa ritirata.

Poi si sono susseguite le riaperture invocate a gran voce dall’Homo “consumens” e gli animali hanno ristabilito le distanze per tornare a proteggersi. Senza ricorrere alla legge, se non a quella della natura.

Noi invece abbiamo ingaggiato la battaglia dei metri necessari per considerarci al riparo dal Covid-19: uno al ristorante, meglio due in spiaggia, mentre a messa, forse perché già protetti dallo Spirito Santo, ne bastano anche meno. Zygmunt Bauman, come al solito profetico, in “Le sfide dell’etica” afferma che la prossimità è il regno dell’intimità e della morale e che la distanza è il regno dell’alienazione e della legge.

Intanto alcuni inguaribili speranzosi si ostinano a dire che la pandemia ci cambierà in meglio. Sono gli stessi che hanno scritto ovunque #andràtuttobene. Ma così come non è andato affatto tutto bene, allo stesso modo non miglioreremo. Menti ben più illuminate della mia hanno già fatto osservare che la storia millenaria dell’umanità è densa di guerre, pestilenze e orrori di ogni genere, eppure nulla di tutto questo è bastato a trasfigurarci in tanti san Francesco. Non accadrà neppure questa volta. Umberto Galimberti ci ricorda in continuazione che l’ottimismo è la qualità delle persone poco informate.

Il consumo è la misura di tutto, ne abbiamo avuto conferma pure stavolta. Se stiamo fermi si blocca la produzione e l’economia ristagna con effetti a cascata su ciascuno di noi. Il facilone di turno che nei mesi scorsi, davanti alle telecamere di un TG qualsiasi, dichiarava «non vedo l’ora di tornare a comprarmi qualcosa» è il nostro pane quotidiano.

Eppure c’è un insegnamento che potremmo trarre da quanto è accaduto e ci riporta al concetto di distanza: non quella geografica né degli affetti, piuttosto quella che separa gli atti dalle loro conseguenze. Quando non avremo più bisogno del distanziamento sociale dovremmo tentare di mantenere almeno la giusta distanza dalle cose per permettere allo sguardo di essere più vasto e di cogliere i particolari nella rilevanza del contesto, senza ingigantirli.

Mentre attendevo la fine dell’incubo ho elencato spesso le azioni che avrei potuto compiere senza infrangere le regole, ne ho cestinate la maggior parte. Segno che il metro di sicurezza forse basta a difenderci dal contagio, ma non può essere una guida giornaliera alla vita. Sprofondato in poltrona, nella testa scorrevano i ricordi di quando uscivo per fare una passeggiata al parco col mio piccolo nipote o andavo a rovistare fra le bancarelle dei libri usati. Ecco la misura del tempo e dei fatti che contano.

La giusta distanza ci dà il senso del limite, compreso quello della natura. Per aiutare gli uomini a custodirlo, i greci antichi ricorrevano alla phrónesis, che è prudenza, ma ancor meglio saggezza. Anche nella ricerca del benessere dovremmo rispettare la misura. Il dilemma di oggi e di domani non è tra rischiare di morire di fame o a causa di un virus, ma tra quanto è vicino il superfluo e quanto è distante la felicità.

Extrapedia Autori
27 settembre 2020
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db/la_giusta_distanza_e_il_senso_del_limite.txt · Ultima modifica: 10/06/2021 17:16 da @Staff R.