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«Panama Papers» conclusione primo round

Cat. “Autori
Roberto Morini (fisico nucleare e filosofo)
14 aprile 2016

Tutti, indistintamente: grandi e piccoli, deboli e potenti, spregiudicati e onesti, atei e religiosi, deviati e retti, illuminati e obnubilati e… chi più ne ha più ne metta… cadono nello stesso, identico, medesimo, gravissimo errore: “giudicano gli altri col proprio metro!”.

D’altronde, è il solo che conoscono, perché l’umanità è tendenzialmente sanguigna, vive più d’istinto e di razionalità che di ragionamento e, una parte di questa, si sente anche forte della posizione o del ruolo che ricopre e al riparo dai privilegi, siano essi concessi, o acquisiti in qualche altro modo. Spesso oscuro e disonesto.

E, qui, tutti cadono inesorabilmente…

Sono queste le riflessioni che traggo, dando un ultimo sguardo ai cosiddetti “Panama Papers” e ai protagonisti coinvolti da entrambe le parti. Un’operazione deflagrante, che avrebbe dovuto portare a un collettivo furor di popolo, ma che ha visto la sua miccia fortunatamente spegnersi, in pochi giorni, proprio per gli errori di chi l’aveva accesa.

Il primo periodo propizio era stato centrato (evidentemente non sono solo io a fare certi calcoli). Il secondo sarà a maggio, guarda caso, proprio quando sarà reso pubblico il resto dei documenti, come è stato dichiarato. Per ora, a parte qualche “vittima” di poco conto, hanno sortito nell’opinione pubblica (che la si vuole instupidire, ma che stupida non è) l’effetto contrario, proprio per l’enfasi concentrata su un solo personaggio.

Se tutto fosse stato equamente spalmato, avremmo assistito ai fuochi d’artificio! Nessuno avrebbe dato il giusto peso al fatto che, l’International Consortium for Investigative Journalism, descritto come “la fonte delle fonti”, in rappresentanza di 70-80 Paesi, con 100 testate giornalistiche coinvolte e 400 giornalisti impegnati a vagliare 11,5 milioni di documenti, li ha ottenuti da un informatore segreto dello studio legale Lenville Overseas di Mossack Fonseca. Ripeto: un solo informatore, che non è dato sapere quanto sia attendibile, ma che deve essere allergico solo alla Kriptonite, per portare a termine, da solo, questa operazione.

Un insieme di numeri, quelli dell’ICIJ, che avrebbero dovuto essere impattanti nell’opinione pubblica e dare l’impressione di una vasta operazione investigativa congiunta, ma che alla fine non dicono nulla, perché d’investigativo hanno poco o niente… sono solo degli scartabellanti che annaspano nella spazzatura, senza sapere quanto sia affidabile. Tuttavia, gli stessi numeri, nell’intento di chi li ha posti in evidenza, tendono a oscurare la domanda fondamentale che, intelligentemente, ognuno dovrebbe porsi: «Com’è possibile che, una sola fonte, abbia potuto avere accesso a segreti custoditi gelosamente da studi professionali iperprotetti, trafugando dossier di dimensioni tali da non poter essere sottratti da un solo impiegato infedele?».

Qualcosa di speculare era già accaduto. Nell’aprile del 2013 l’International Consortium of Investigative Journalism – lo stesso che oggi ci propina i “Panama Papers” – diffuse i nomi di 130.000 conti accesi nei paradisi fiscali e delle fiduciarie di tutto il mondo che avevano aiutato i loro importanti clienti ad aprirli. Uno scandalo che lambì anche la Svizzera e, naturalmente, anche il Ticino con la diffusione dei nomi di alcuni studi.

Lo schema mediatico di allora è identico a quello che emerge ora: una fonte passa al Consorzio di giornalismo una quantità enorme di documenti segreti, talmente colossale da indurlo a coinvolgere un certo numero di testate giornalistiche nella lettura e nella selezione di migliaia di documenti, la cui autenticità, però, è assicurata. Da chi? Ma dalla fonte stessa, che però non è rivelata alle testate. Per tutti garantisce il direttore dell’International Consortium of Investigative Journalism.

Ora, vedremo se, dopo il secondo fallimento (per ora tutto questo can, can, è divenuto solo materiale al vaglio delle rispettive commissioni tributarie) George Soros, direttamente chiamato in causa come co-finanziatore dell’operazione, saprà ancora applicare il suo motto “Make your smile everyday“ e la sua teoria del successo. Questo ottantaseienne, ebreo-ungherese, naturalizzato americano, divenuto improvvisamente uno degli uomini più ricchi al mondo (il 25° secondo Forbes), da facchino ferroviario, cameriere e venditore di souvenir, qual’era per mantenersi agli studi, attribuisce il proprio successo al fatto di essere in grado di riconoscere quando sbaglia: «Sono ricco solo perché so quando ho sbagliato … e ne ho imparato veramente la lezione. Sono sopravvissuto riconoscendo i miei errori. Ogni volta che si sbaglia si deve combattere per prendere la decisione migliore».

Vedremo anche se, la sua irrefrenabile sete di vendetta nei confronti della Federazione russa, che ha bandito dopo venticinque anni di presenza sul territorio (08/07/2015 – link all’articolo di Vox News) la sua Fondazione “Open Society Institute” e un’altra organizzazione affiliata, come gruppi indesiderabili per attività sovversiva, su istanza del Senato che richiedeva un intervento immediato e con relativo congelamento del suo patrimonio, chiusura degli uffici e quant’altro, gli farà cambiare strategia.

Qualcuno pensava che un ex KGB, con la scaltrezza dimostrata in Medioriente che ha spiazzato tutti, potesse cadere nei tranelli qualunquistici tesigli da chi misura gli altri col proprio metro?

Ecco arrivare le giustificazioni pubbliche di Putin, rese il 10 Aprile u.s. nel programma televisivo “Notizie della settimana” trasmesso sul canale Rossiya 1 e commentato da Ekaterina Sinelshchikova su RBTH (la pagina non esiste più ndr) ieri, 13 aprile.

Il programma conteneva un’intervista a Sergej Roldugin al quale, nell’inchiesta condotta dall’ICIJ, sono stati attribuiti trust e offshore per un valore di parecchi miliardi di dollari. In sua difesa è intervenuto direttamente anche il premier russo, il quale ha chiarito, tra l’altro, con la testimonianza diretta di un funzionario dell’FSB (Federal Security Service, il servizio segreto della Federazione russa, erede del KGB sovietico), la situazione delle società di Roldugin a Panama sui conti delle quali, sempre secondo l’inchiesta svolta dall’ICIJ, sarebbe stato depositato il denaro di società pubbliche russe. Esse, come si è spiegato nel programma, sarebbero parte di un’operazione speciale ideata dall’Fsb e sarebbero state utilizzate come copertura.

«La sostanza della storia è la seguente – scrive la Sinelshchikova: nel 2008 l’Fsb aveva scoperto che i servizi segreti americani erano interessati agli attivi del settore delle telecomunicazioni russe. A fare queste rivelazioni nel programma “Notizie della settimana” è stato un collaboratore dell’Fsb. Gli americani s’interessavano alla società “National Telecommunications” dell’imprenditore russo Suleyman Kerimov. Attraverso le società americane gli Usa erano quasi riusciti ad acquistare la holding, che ha un pubblico di parecchie decine di milioni di spettatori, direttamente da Kerimov che, per la vendita, aveva già trasferito le sue attività offshore. Dopo aver scoperto che le reti via cavo stavano per finire nelle mani di un operatore straniero, era stato deciso di riportare senza indugio le attività nel Paese. Ma, in quel momento, le azioni della holding “National Telecommunications” erano stimate in un miliardo e mezzo di dollari». «Le nostre reti via cavo andavano acquistate proprio là – hanno spiegato all’FSB – e lo Stato non avrebbe potuto raccogliere rapidamente una simile somma offshore. Così, per non perdere tempo, è stato deciso di rivolgersi al mondo della finanza». Conclude la Sinelshchikova «Il risultato è stato che, nell’Aprile 2008, un pool di società russe aveva acquisito tutte le azioni».

Aspettando Maggio…: “La vista dell’Aquila è sempre meno acuta e… le unghie dell’Orso sempre più affilate!”

Già un anno e mezzo fa scriveva Dmitrij Kalinichenko, su Investcafe.ru, esattamente il 18 Novembre 2014 – (Fort Russ – dapprima su “Blogger” è stato reindirizzato sul suo Sito, ma la pagina non esiste più ndr): «Pochissimi capiscono cosa fa Putin oggi. E quasi nessuno capisce cosa farà in futuro… E ora Putin vende risorse energetiche russe in cambio di quei dollari artificialmente gonfiati dagli sforzi occidentali, e compra oro artificialmente svalutato rispetto al dollaro USA dagli stessi sforzi occidentali!… Per quanto l’occidente potrà acquistare petrolio e gas dalla Russia in cambio di oro fisico? E cosa accadrà ai petrodollari degli Stati Uniti quando l’occidente esaurirà l’oro fisico per pagare petrolio, gas e uranio russi e le merci cinesi? Nessuno in occidente oggi può rispondere a queste semplici domande. Ciò si chiama “Scacco matto”, signore e signori. Il gioco è finito».

Qualcuno è ancora convinto che si possa catturare il passero mettendogli, come si suole dire, il “sale sulla coda”?

Extrapedia Autori
a cura della Redazione di Extrapedia


db/panama_papers_conclusione_primo_round.txt · Ultima modifica: 17/08/2021 11:57 da @Staff R.