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Primato d’eccellenza dell’agricoltura italiana

Cat. “Autori
Roberto Morini (fisico nucleare e filosofo)
04 maggio 2016

«Torneremo tutti agricoltori, e sarà la nostra salvezza»

Ho appena parlato di agroalimentare, un settore che deve la sua salvezza, seppur stentata in certi casi, all’iniziativa privata, nonostante tutto gli “remi contro”. Ecco, a corredo e completamento, un articolo molto interessante in proposito che posto volentieri, senza aggiungere, né togliere una sola virgola.

Dal Blog non si sa chi sia il brillante autore che si cela sotto lo pseudonimo di “Ninco Nanco“, ma dai post pubblicati ritengo sia anch’egli del Sud Italia, al quale, noi del Nord, dovremmo cominciare a dare il dovuto rispetto, riconoscendogli il giusto valore. Smettendo definitivamente le stupide diatribe e, rammentandoci che, prima dell’intervento di quel delinquente (gonfiato dalla propaganda massonica anglo-sabauda) di Garibaldi, il Sud era 200 anni avanti rispetto al resto dell’Italia (avevano, per esempio, anche un’adeguata pensione di vecchiaia, cosa che di adeguato noi ci sogniamo ancora. Con una rendita di Stato, quotata alla Borsa di Parigi, al 120% il Regno delle Due Sicilie era premiato, nel 1856, come terzo Paese del mondo più industrializzato, dopo Inghilterra e Francia)… altrimenti, i Savoia con le casse vuote, non avrebbero cercato, con l’interessato appoggio britannico (e con tanto di golette albionesi, a supporto, nella rada di Palermo), di depredarlo di tutte le sue ricchezze, iniziando una vergognosa pulizia etnica durata 10 anni (1861-1871)… ma questa è un’altra (vera) storia che, come apre l’autore citando Nietzsche, si ripete ancora…

«Forse ha ragione Nietzsche, forse la storia è davvero un eterno ritorno dell’eguale. Negli anni ’50 eravamo una terra di agricoltori diventati operai. Nel giro di vent’anni gli operai sono diventati impiegati. Il problema sono i figli degli impiegati, cui era stata promessa la luna di un lavoro creativo, senza cravatte, gerarchie, noia. E che, complice la crisi economica, si sono ritrovati, molto più prosaicamente, senza un lavoro. Molti di loro ancora non si sono rassegnati a cercare il loro personale eldorado nella giungla del terziario avanzato. Altri, invece, sono tornati al punto di partenza, ai campi e alla terra: nel 2013, le iscrizioni ai dipartimenti di agraria in tutta Italia sono aumentate del 40% circa.

Pauperismo, anti-capitalista? Decrescita felice? Niente di tutto questo. Al contrario, nel 2013, il valore aggiunto dell’agricoltura italiana è cresciuto del 4,7%, mentre il Pil italiano cadeva di quasi due punti percentuali. Nello stesso periodo, anche l’export agricolo italiano è cresciuto del 5%. A differenza di quel che è accaduto in altri settori, questa crescita ha avuto effetti benefici anche sull’occupazione. Nel secondo trimestre del 2014 – periodo di calo del Pil, tanto per contestualizzare il dato – l’occupazione del settore agricolo è cresciuta del 5,6%.

I numeri di un primato

Dati sorprendenti, questi, ma non certo frutto di una strana e fortunata congiunzione astrale. Pochi se ne sono accorti, in questi anni, ma l’agricoltura è una delle poche vere eccellenze che sono rimaste a questo Paese. Come ben racconta l’ultimo rapporto di “Fondazione Symbola” dedicato all’agricoltura, sono ben 77 i prodotti in cui la quota di mercato mondiale dell’Italia è tra le prime tre al mondo, 23 – pasta, pomodori, aceto, olio, fagioli, tra questi – in cui è la prima.

La nostra capacità di primeggiare è figlia, soprattutto, della grande qualità delle nostre produzioni. Non è un caso, peraltro, che non ci sia agricoltura in Europa – e poche al mondo – che abbiano una capacità di generare valore aggiunto quanto quella italiana. Da noi, un ettaro di terra, produce 1989 euro di valore aggiunto: ottocento euro in più della Francia, il doppio di Spagna e Francia, il triplo dell’Inghilterra.

Che ci crediate o meno, la nostra – con le sue 814 tonnellate di gas serra emesse per ogni milione di euro di prodotto – è anche una delle agricolture più “pulite” d’Europa. Molto più di quella inglese, per esempio, che di tonnellate ne emette 1935, o di Germania e Francia, rispettivamente 1.339 e 1.249. È anche una delle più sicure, nonostante tutto: lo scorso anno, solo lo 0,2% dei prodotti agricoli “Made in Italy” ha presentato residui chimici con valori oltre la norma. In Europa questa percentuale è salita all’1%, sino ad arrivare all’1,9% della Francia e al 3,4% della Germania.

Altro dato piuttosto sorprendente è la nostra primazia nell’economia delle produzioni biologiche. Nessun paese Europeo ha tanti produttori quanti ne ha l’Italia, che ne può contare ben 43.852, il 17% di tutti i produttori europei. Se allarghiamo lo sguardo oltre i confini continentali, siamo anche sesti al mondo per ampiezza delle superfici a biologico, che crescono a un ritmo di 70mila ettari l’anno.

Chiamatela “bioeconomy”

Il risultato di quest’eccellenza è il frutto dell’innesto di menti giovani e di pensieri innovativi dentro mestieri antichi: oggi, un’azienda agricola su tre è guidata da persone che hanno meno di trentacinque anni. Non ci sono solo loro e non c’è solo l’anagrafe, tuttavia. L’intreccio con nuove conoscenze e altrettanto nuove tecnologie stanno davvero cambiando i connotati all’agricoltura: «Un tempo agricoltura era sinonimo di coltivazioni con finalità alimentari, oggi non è più così», spiega Gianluca Carenzo, Direttore del Parco Tecnologico di Lodi, centro di eccellenza nel settore delle biotecnologie e dell’agroalimentare: «Oggi – continua – l’agricoltura è una piattaforma su cui si innestano molteplici tipi di industrie, dall'alimentare alla chimica, dall’energia al tessile».

Ciò di cui parla Carenzo ha un nome: si chiama “bioeconomy” e comprende tutte le produzioni sostenibili di risorse biologiche rinnovabili e la loro conversione, come per esempio quella dei flussi di rifiuti in cibo, mangimi, o prodotti bio-based, come le bioplastiche, i biocarburanti e bioenergia. Un macro-settore, questo, che seppur neonato in Italia vale già 241 miliardi di euro e occupa 1,6 milioni di persone. Questo può essere il futuro roseo per il nostro Paese, ritornare su quella strada che in passato ci ha regalato tanto».

Extrapedia Autori
a cura della Redazione di Extrapedia


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