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Sguardi

Cat. “Autori
Roberto Morini (fisico nucleare e filosofo)
31 marzo 2016

SguardiNella variegata gamma dei “sapiens sapiens” c’è una nutrita schiera di “lamentini” che, come le zecche, ti si incollano, ti attanagliano le pudenda fino a strizzarle (o sei tu che le attiri) per lamentarsi di questo, di quello, o di quell’altro.

Del posto di lavoro, per esempio, (e tu gli fai presente che è un fortunato se ancora ce l’ha), del collega (e tu gli suggerisci che magari è lì per aiutarti a definire un tuo determinato problema, aggiungendo che è più proficuo individuarlo e risolverlo che cercare continuamente lo scontro), della vita in generale (e tu rammenti loro che non sono qui per trastullo, ma per imparare a evolvere), ecc… ecc…

Si lamentano persino del clima. Hanno caldo, hanno freddo, hanno tiepido (al ché ti permetti di consigliare un abbigliamento più consono a seconda del problema avvertito)… e, per finire, se non hanno nulla di cui lamentarsi, si lamentano pronosticando che, ben presto e, inevitabilmente, qualcosa succederà di fastidioso, di spiacevole, di contrariante (allora, dall’alto della tua inattaccabile e infinita filosofia, li mandi a fanculo, perché sei sfinito, esausto e depauperato d’ogni energia. Lo scopo, infatti, è solo quello di vampirizzare la tua energia!… perché sei più a portata di mano…).

Ci sono altri coi quali hai trascorso giorni, mesi, se non anni, a parlare delle tue esperienze. Di come sei riuscito a dare un senso compiuto alla vita. Delle vicissitudini, che ti hanno segnato sì, ma che sono servite per farti raggiungere un determinato obiettivo che, in altro modo non avresti toccato. Di come l’Universo, in sé e per sé, sia semplice ma pragmatico, realista e sbrigativo. Riconoscendo che ognuno è dotato, in egual misura, del bagaglio culturale e di conoscenze che gli abbisognano per superare determinate esperienze. Consapevolezze preposte come scopo prioritario e ineludibile, tutte atte a progredire, in quella scalata virtuale che tutti siamo tenuti a intraprendere sulla via obbligata del ritorno.

Se non sfrutti queste prerogative, l’Universo non aspetta che tu ti accorga di possederle. Ti crea un pungolo (fisico, morale, interiore) che è infallibile: la sofferenza. Allora sì che smuovi le tue flaccide chiappe!… ma solo quando non ne puoi più…

Questi, conoscono la teoria a mena dito e la sfoggiano. Dànno segni evidenti d’essere evoluti e, altri ancora, ascoltandoli, restano estasiati dai loro discorsi. Sono dei bravi maestri. Ma solo per insegnare agli altri quello che non hanno il coraggio di applicare su se stessi. Di fatti, predicano bene ma razzolano male.

Pur sapendo come stanno effettivamente le cose, cadono nel tranello di quella quotidianità che vuole un’umanità sempre più assoggettata, repressa e, depressa. Sono vittime di mille paure e, dell’onnipresente ansietà!… una contraddizione inammissibile per l’intelligenza!

Non si tratta d’essere perfetti, ma realisti. Anche chi è qui per “aiutare l’umanità” a compiere questo salto qualitativo, ha dovuto lordarsi. Se sei perfetto e, qui lo sei solo potenzialmente, non puoi stare in questa dimensione! Ma, almeno, riconosciti per ciò che sei veramente nella tua essenzialità e, considera questa tua esperienza temporanea, come una “vacanza” dalla tua innata perfezione… le cose assumono altri sapori, colori, contorni, ovvietà…

Nulla è più importante e determinante del ritorno a “Casa”, soprattutto per chi ha avuto modo di ricordarsene. Per questo, lasciamo le nostre “miserie” alla loro natura d’effimera percezione, impegnandoci nel solo scopo per cui siamo qui, ora: sostenere e superare positivamente un esame che riguarda la nostra percezione della Realtà ultima, perché si vive solo ed esclusivamente nel “pensato”!

Questo, perché dentro di noi esistono principalmente due modi di pensare, due forme pensiero che evolvono da due sguardi: lo sguardo “del dettaglio”, quello che ci fa dire «Io sono i miei pensieri, io ho questo carattere, io sono fatto così (spesso adducendo come scusante, soprattutto verso se stessi, il segno zodiacale), questo è il mio passato, questa è la mia storia, questi sono i miei ricordi». Questo è uno sguardo che ti spegne pian piano fino a ucciderti. È lo sguardo della casistica di personaggi descritti da Alceste nel suo: “Breviario del cretino ovvero: perché non ci si ribella?”.

Poi c’è uno sguardo che spazia all’infinito: questo è lo sguardo “della salute”. Guardo l’ansia e le mie paure non come se fossero qualcosa che mi tormenta, ma come il vento: non sta arrivando l’ansia, non sta arrivando la paura, ma sta arrivando il vento. E io mi affido al vento e comincio a perdermi… e, in questo perdermi, mi ritrovo in ciò che sono veramente…

«I nostri occhi non sono fatti per vedere solo gli oggetti intorno a noi. I nostri occhi sono fatti per produrre lo sguardo interiore, che non è lo sguardo del dettaglio, ma quello dell’infinito, dove una cosa chiama un’altra e poi un’altra, un’altra e un’altra ancora… (Raffaele Morelli)».

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db/sguardi.txt · Ultima modifica: 10/06/2021 17:31 da @Staff R.