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TTIP no e CETA sì?

Cat. “Autori
Roberto Morini (fisico nucleare e filosofo)
09 giugno 2016

La “suppostona” del TTIP è stata rifiutata (per ora, poi si vedrà), da diversi governi europei (in testa Hollande in Francia) e da Bruxelles, per tutta una serie di motivi ufficiali, che è inutile ripetere ancora ma, più opportunisticamente, perché più di tre milioni d’europei hanno firmato una grande petizione per opporsi al TTIP mentre, lo scorso autunno, 250.000 tedeschi sono scesi per le strade di Berlino (link), per cercare di far abortire questo accordo. Un nuovo sondaggio mostra che solo il 18% degli americani e il 17% dei tedeschi sono a favore del TTIP (link). Anche se va detto che i sondaggi sono diventati “armi d’orientamento di massa”: si vedano, per esempio, le stupidaggini scritte su “Repubblica” di ieri (link) da Enrico Franceschini, che cita ancora un 58% d’italiani a favore dell’UE e un’Ungheria filo-europea!

Passata sotto silenzio e, già firmata (in attesa di ratifica) dalla Commissione Europea e dal governo canadese, invece, una “supposta” leggermente più piccola, ma non meno devastante e indolore: il C.E.T.A. (Comprehensive Economic & Trade Agreement).

Il C.E.T.A. è pericoloso almeno come il TTIP. Anzi, si tratta di un’avanguardia di questo tipo d’accordi sullo stesso stile.

A mettere il dito nella piaga è stato Nick Dearden (direttore del “Global Justice Now” – link al suo profilo) e lo ha fatto sulle colonne del quotidiano britannico “The Guardian” il 30 Maggio u.s. (link all’articolo). Le note tra parentesi quadre sono le mie.

«Se avete bisogno di una qualche prova per comprendere meglio che i moderni accordi commerciali non sono nient’altro che una scusa per gestire tutto il grande potere del business alle nostre spalle, basta guardare al C.E.T.A. Nessuna meraviglia, quindi, che la protesta pubblica sia in crescita e che l’opposizione al TTIP (link) stia suggerendo come via di uscita di scivolare “nell’affare canadese” [cioè il C.E.T.A.].»

La scorsa settimana, mentre le grandi potenze si riunivano in Giappone per il G7 (link al quotidiano che ne parla), una serie di accordi commerciali di ogni tipo sono stati presi di mira in tutti i modi possibili. Eppure, da Donald Trump a Jeremy Corbyn, c’è stato un generale riconoscimento che “trade” ormai sia una parola ridotta a poco più di un sinonimo per intendere “grande business”, per prendere cioè sempre più il controllo di tutta la società [Ovviamente, seppur vero, le denunce di Trump e Corbyn rientrano nei discorsi da “campagna elettorale”. In una parola: ciò che la gente vuole sentirsi dire].

L’unica cosa positiva del C.E.T.A. è che è già stato firmato e questo significa che ci è permesso vederlo. Le sue 1.500 pagine mostrano che si tratta di una minaccia non solo per la qualità dei nostri cibi, ma anche di una battaglia contro i cambiamenti climatici, contro la possibilità di regolamentare le grandi banche per evitare altri crack e contro il nostro potere di tornare a nazionalizzare quanto è stato privatizzato [svenduto].

Come l’accordo degli Stati Uniti [l’imposizione del TTIP], il C.E.T.A. contiene un nuovo sistema giuridico, aperto solo alle multinazionali e agli investitori stranieri. Se, per caso, il governo inglese prendesse la decisione di mettere fuori legge certe sostanze chimiche pericolose, volesse aumentare le norme di sicurezza alimentari, o impacchettare le sigarette confezionandole in modo diverso, una qualsiasi società canadese potrebbe chiedere i danni al governo inglese per “iniquità”. E se ricorre all’accusa di “iniquità”, la società canadese ritiene semplicemente di non avere potuto realizzare il profitto che si era prefissata. Il “processo” si svolgerebbe presso un tribunale speciale, supervisionato da avvocati delle aziende attrici [Identico alle clausole del TTIP, motivo ufficiale del rifiuto d’aderirvi, mentre questo lo hanno già firmato].

La Commissione Europea ha apportato delle modifiche a questo sistema di “corporate court” (tribunale aziendale) con l’intenzione di renderlo più onesto. Ma gli esperti hanno verificato che su decine di casi presentati negli ultimi anni (link ai casi in dettaglio) contro parecchi paesi e, per situazioni analoghe, non c’è stata nessuna differenza. Lo stesso Canada ha combattuto e perso in numerosi casi contro società degli Usa, nel quadro del libero accordo di scambio nord americano (Nafta). Per esempio: per la messa al bando di sostanze chimiche cancerogene della benzina, per ricominciare a investire nelle comunità locali, o per arrestare le devastazioni provocate dalle cave.

Con l’accordo C.E.T.A. casi del genere potranno accadere anche qui.

Lo scopo del C.E.T.A. è ridurre la regolamentazione sugli affari, con l’idea che le esportazioni ne saranno facilitate. Ma potrà fare molto di più. Con la “cooperazione normativa” – un nome che suona molto bene – tutti gli standard sarebbero ridotti ai livelli più bassi, con la giustificazione che si tratta di regole che “ostacolano gli scambi commerciali”. Ciò potrebbe includere la sicurezza alimentare, i diritti dei lavoratori e la normativa ambientale.

Basti considerare la regolamentazione finanziaria. La capacità dei governi di controllare le banche e i mercati finanziari sarebbe ulteriormente compromessa. Il semplice fatto di voler limitare la crescita delle banche per non farle diventare “too big to fail” potrebbe portare un governo a risponderne in un tribunale segreto.

Infatti, l’assalto è già iniziato. Il “Tar sands oil” [(link) – petrolio estratto dalle sabbie bituminose e, forse, non è un caso che il 5 maggio, nello Stato canadese di Alberta, sia scoppiato un colossale incendio] è uno dei combustibili fossili più distruttivi per l’ambiente in tutto il mondo e la maggior parte di questo petrolio è estratto proprio in Alberta. Per il momento c’è ancora poco di questo bitume in giro per l’Europa, ma le cose stanno cambiando. Quando la UE propose nuove norme proibitive per bloccare in modo efficace che le sabbie bituminose entrassero in Europa, il Canada si appellò al C.E.T.A. per bloccare la proposta. Se il C.E.T.A. passerà, quella decisione non sarà più valida: un disastro per il cambiamento climatico.

Infine, per mezzo di un clausola chiamata “ratchet” [“piede di porco” che evoca un vero e proprio scasso], gli attuali livelli di privatizzazione diverrebbero “vincolanti” per tutti quei servizi che non fossero specificamente esentati. Se il governo canadese, o uno dei governi europei, volessero far tornare pubblico qualche servizio già privatizzato, potrebbero violare i termini dell’accordo.

E allora, perché sono così poche le persone che hanno sentito parlare di questo C.E.T.A.? In gran parte perché sia i canadesi sia gli europei pensano di essere abbastanza simili. Si sentono immuni e non temono lo scippo della loro economia, quando firmano un accordo commerciale con gli Stati Uniti. Ma questo è un grosso errore, perché questi accordi commerciali non mettono gli europei contro gli americani e/o i canadesi. Sono accordi che privilegiano solo le grandi imprese danneggiando i cittadini.

Se avete bisogno di una qualche prova per capire meglio che i moderni accordi commerciali non sono nient’altro che una scusa per gestire tutto il grande potere del business alle nostre spalle, basta guardare al C.E.T.A. Nessuna meraviglia, quindi, che l’indignazione pubblica stia crescendo e che l’opposizione al TTIP (link) stia debordando per confluire “nell’affare canadese”.

Quando il C.E.T.A. arriverà al Consiglio dell’Unione Europea (a tutti i governi dell’Unione Europea) per la ratifica prevista per la fine di giugno, la Romania – che è in conflitto con il Canada per questioni di visti – ha minacciato di porre il veto (link all’articolo sulla posizione rumena). Il Parlamento Vallone ha votato una mozione critica e, questo, potrebbe legare le mani al governo belga forzandolo all’astensione (link all’articolo sulla posizione belga). Il parlamento olandese ha approvato una mozione che respinge l’approvazione provvisoria dell’accordo, cosa che consentirebbe la sua implementazione prima che il Parlamento abbia la possibilità di votarlo (l’articolo sulla posizione olandese non esiste più - ndr).

David Cameron ha preso la posizione più aggressiva in favore del C.E.T.A., non solo sostenendolo integralmente, ma spingendo perché sia applicato provvisoriamente nel Regno Unito. Su questa base, il C.E.T.A. potrebbe entrare in vigore in Gran Bretagna all’inizio del prossimo anno, senza nessun voto di Westminster. Infatti, anche se il Parlamento britannico dovesse votare contro il C.E.T.A., il sistema giudiziario delle multinazionali rimarrebbe ancora in vigore per tre anni. Ai ribelli del Brexit di Cameron questo non dovrebbe piacere più di tanto.

I problemi del G7 mostrano che siamo in molti ormai ad aver compreso che gli accordi commerciali hanno fatto diventare il mondo un parco giochi per i super-ricchi – che stanno giocando con la nostra economia e con le sue incredibili disuguaglianze. Ma il G7 non è in grado di pensare al di fuori degli interessi dell’elite mondiale. Sta a noi cittadini reclamare la nostra democrazia e, i movimenti contro il TTIP e il C.E.T.A. sono in prima linea.

E… ora non lamentatevi, dal momento che vi hanno lasciato, perlomeno, la libertà di ammazzarvi da soli…

Extrapedia Autori
a cura della Redazione di Extrapedia


db/ttip_no_e_ceta_si.txt · Ultima modifica: 31/08/2021 14:42 da @Staff R.