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La Geografia per bambini è il ramo della [Geografia umana]] che si occupa dello studio dei luoghi e degli spazi della vita dei bambini, caratterizzato in modo esperienziale, politico ed etico.
Fin dalla svolta culturale in Geografia, è stato riconosciuto che la società non è omogenea ma eterogenea. È caratterizzato da diversità, differenze e soggettività. Mentre i geografi femministi erano stati in grado di rafforzare la necessità di esaminare il genere, la classe e la razza come questioni che interessano le donne e i bambini, adolescenti e giovani, mancano ancora in funzione di un quadro di riferimento nella complessità delle geografie. Nell'atto di teorizzare i bambini e le loro geografie, i modi di fare ricerca e le presunte realtà ontologiche spesso “inquadrano” i bambini e gli “adulti” in maniera che impongono un modello bipolare, gerarchico ed evolutivo. Questo riproduce e rafforza l'egemonia dei discorsi sui bambini centrati sull'adulto nella produzione della conoscenza. Le geografie dei bambini si sono sviluppate nella Geografia umana accademica dall'inizio degli anni '90, sebbene prima di tale data ci fossero studi degni di nota nell'area. Il primo lavoro svolto sulle geografie dei bambini può essere ricondotto al lavoro di William Bunge sull'oppressione spaziale dei bambini a Detroit e Toronto, dove i bambini sono considerati i più colpiti da un quadro adulto oppressivo di forze sociali, culturali e politiche che controllano l'ambiente urbano costruito.
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